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“Faces from the dark / towards the light” è un’installazione interattiva che nasce da una riflessione sull’idea di dematerializzazione del corpo umano e si muove alla ricerca di un fondamento originario, individuato nel concetto di Monade.
Ispirata al cabinet de curiosités per un visitatore alla volta, l’installazione è concepita come un dispositivo teatrale d’esposizione in due episodi ; il primo include un atto performativo in situ dell’artista che crea e introduce il secondo che sarà l’installazione permanente.

Lo spazio è mappato a terra da una figura luminescente che rappresenta la monade geroglifica di John Dee, simbolo ermetico dell’Unità dell’Universo e sintesi dei principali aspetti di differenti culture esoteriche.
Nel punto d’incontro delle due rette, una verticale e l’altra orizzontale (simboli che descrivono, rispettivamente, il trascendente e l’esistente), è posta una lightbox e 28 formemute, opere su carta visibili solo alla luce, realizzate durante i primi 28 giorni del confinamento pandemico; 28 volti ispirati a feti umani, figure d’origine a cui tornare per reagire ad una così profonda e inattesa perdita di senso.
Le formemute assumono metaforicamente la dimensione di cieche e ignoranti monadi nel ventre dell’universo. Al centro del cerchio della monade di Dee una cima da ormeggio, simbolo del cordone ombelicale e del legame originario con la Madre; a riempire lo spazio, un sound design costruito con i suoni per noi più ancestrali, il battito del cuore e rumori di organi in movimento trasposti in una dimensione “altra” dalla presenza ingombrante di suoni sintetici.

Nell’episodio I l’atto performativo dell’artista si crea ad una distanza “consentita” dal visitatore.
Quest’ultimo scopre le formemute posandole sulla lightbox una dopo l’altra, i corpi sono invitati a mettersi in ascolto e in relazione nel movimento o nell’immobilità, nella parola o nel silenzio. Ogni visitatore porta il messaggio di una nuova esperienza che si rinnova continuamente nell’interazione con l’artista.
In questa fase la performance è filmata con una Mira Multispectral Camera che permette di captare il campo elettromagnetico del corpo umano.

Nell’episodio II, in cui l’installazione ha preso la sua forma definitiva, si è dissolta la presenza fisica dell’artista e ne resta l’impronta.

Faces from the dark propone una (ri)costruzione poetica del corpo dematerializzato attraverso la trasformazione dello spazio espositivo in un “laboratorio” post-umano, in cui entità organiche vengono de-strutturate alla ricerca della loro essenza originaria.

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